Sharing Economy. Indagine sul nuovo modello economico.

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La sharing economy, nata come risposta alla crisi che ha colpito l’economia globale nel 2008, è oggi il simbolo e il fulcro di una rivoluzione dei consumi che parte dai millennials, ambasciatori di uno stile di vita basato sull’esperienza e non più sul possesso. Da Uber a Airbnb, il mondo dei beni e servizi condivisi ha visto nascere nuove realtà imprenditoriali, capaci non solo di rispondere in modo innovativo ai mutati bisogni della società, ma di influenzarne profondamente le abitudini.

Un nuovo modo di intendere i consumi, abilitato dalla tecnologia digitale, che affonda le proprie radici nella sostenibilità dei nuovi modelli di business e nelle innovative applicazioni del Data Science e dell’Internet of Things.

SHARING ECONOMY. IL VALORE È L’ESPERIENZA

“Usalo solo se e quando ne hai bisogno”, sembra essere lo slogan delle nuove generazioni fortemente influenzata dal digitale, ma anche dal precariato e dalle limitate possibilità di spesa. Gli oggetti, pertanto, diventano solo il tramite fisico per accedere al vero bene desiderato, l’esperienza.

Tra i fenomeni del momento, spopolano le biciclette free-flow, mentre la prossima grande rivoluzione culturale molto probabilmente riguarderà la condivisione delle automobili, ad oggi percepite ancora come estensione del habitat domestico. Al momento, il 40% delle startup nate dal modello di condivisione, opera nell’ambito dei beni materiali, con i veicoli, gli oggetti e gli spazi che costituiscono il 95% dell’offerta. Tra gli asset intangibili spiccano invece le competenze on-demand al 39%, le consegne al 24% e il trasporto al 13%.

Secondo Rachel Botsman, guru dell’economia collaborativa e autrice del libro ‘What’s mine is yours, the rise of collaborative economy’, la rivoluzione riguarda soprattutto i rapporti tra le persone e un elemento fondamentale delle loro relazioni: la fiducia. Oggi, i vari sistemi di feedback e rating, acquistano il peso della conferma sociale. “La fiducia online cambierà i nostri comportamenti nel mondo reale, ci renderà più responsabili in modi che non possiamo nemmeno immaginare,” afferma ancora la Botsman.

IL BOOM DELLE BICI CONDIVISE. L’IOT SBLOCCA LA MOBILITÀ

Sono arancioni e da poco più di un mese hanno invaso le strade di Bologna. Dopo Firenze, Milano, Torino, Bergamo, Pesaro, Mantova e Reggio Emilia, le biciclette condivise di Mobike, società cinese operante in ben 160 città, hanno raccolto anche i favori del capoluogo emiliano. Nei primi dieci giorni dal loro debutto sono stati percorsi 80.000 chilometri ed effettuati 38.500 spostamenti. Nel mondo, le bici condivise sono addirittura 18 milioni, sparse in 1.608 città.

Il bike sharing, a ben vedere, non è di per sé una novità, ma la spinta verso il successo arriva anche in questo caso dall’innovazione tecnologica. Quest’ultima, unita alla capacità di manager e imprenditori di intercettare le potenzialità dell’Internet of Things, ha eliminato gli svantaggi più evidenti del vecchio servizio di noleggio. “L’informatica, la rete e gli oggetti intelligenti non sono solo strumenti di tendenza ma influenzano, e lo faranno sempre di più in futuro, le nostre abitudini come individui. Stanno per cambiare radicalmente prodotti, servizi e processi all’interno di organizzazioni di qualsiasi tipo,” dice Andrea Omicini, Direttore Scientifico del Master in Internet of Things di Bologna Business School. Infatti, secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale sulla Sharing Mobility, a fine 2017 il mercato mondiale valeva già 1,5 miliardi di dollari, e nel 2019 raggiungerà i 3,5 miliardi

La rivoluzione portata da Mobike e Ofo, altro gigante del settore con 100 milioni di utenti in 170 città e 9 paesi, è il ‘free floating’ unito allo smart lock. Le biciclette, munite di geolocalizzatore e lucchetti intelligenti, vengono sbloccate con un’app e possono essere lasciate in qualsiasi punto nell’area definita dall’operatore. La tecnologia ha inoltre ottimizzato il ciclo di vita della batteria, estesa da 2 mesi a 2 anni, e dei lucchetti intelligenti che raccolgono informazioni sullo stato della bici, riducendo ulteriormente i costi di manutenzione. Tutto ciò è stato possibile grazie alla collaborazione con China Telecom e Huaweii per Ofo e alla partnership con Ericsonn e China Mobile Group Shanghai nel caso di Mobike.

OLTRE IL BIKE SHARING. L’ECONOMIA DEI DATI

Sebbene il bike sharing venga naturalmente associato alla sostenibilità e alla protezione dell’ambiente, gli studi dimostrano che è uno strumento poco efficace nel ridurre lo smog e il traffico in città. Raramente le bici condivise sostituiscono le auto, poiché si usano per lo più al posto dei trasporti pubblici e dei tragitti a piedi. Al contrario, venendo meno la necessità di riportare le bici alle apposite rastrelliere, sia in Cina che in Europa sono state rinvenute montagne di bici abbandonate o vandalizzate. Inoltre, i furgoni attivi di notte per redistribuire i mezzi aggiungono smog all’aria già inquinata delle città.

Fallita la motivazione ecologista, e considerando che senza finanziamenti pubblici o privati il servizio non è economicamente sostenibile, viene da chiedersi qual è il motivo che spinge i Comuni, ma anche i colossi del mercato globale, a investire nel bike sharing. La risposta, come sempre più spesso accade nell’economia 4.0, è da ricercarsi nei dati.

Le bici sono in realtà l’avanscoperta dei trasporti del futuro e una vera e propria miniera di dati sui comportamenti dei ciclisti in città. Non a caso, su Ofo ha puntato il gigante del commercio online Alibaba, mentre Mobike è stata acquistata da Meituan-Dianping, colosso della vendita di coupon per ristoranti e consegne a domicilio. Le società che vendono prodotti e servizi sul web sono interessate ai gusti e alle abitudini degli utenti, per poter inviare loro offerte mirate grazie alla geolocalizzazione. Per capire il valore di questi dati basti pensare che Ofo e Mobike hanno raccolto finanziamenti per 1 miliardo di dollari ciascuna.

“Saper gestire, manipolare e analizzare le quantità sempre crescenti di dati che tracciano e alimentano i processi economici e sociali è fondamentale,” commenta Claudio Sartori, Direttore Scientifico del Master in Data Science di BBS. “Per cogliere appieno le nuove opportunità di business, sì rende però altresì necessario formare figure professionali trasversali a diverse funzioni aziendali, capaci di intercettare le potenzialità dei dati e applicarle alle dinamiche di crescita delle imprese."

Non solo trasporti intelligenti e smart city, ma anche salutesicurezza alimentareclima e gestione efficiente dell’energia. Secondo le stime della Commissione Europea, la data economy valeva già nel 2015 più di 285 miliardi di euro, ossia poco meno del 2% del PIL europeo, e impiegava 6 milioni di persone. Con la messa in atto di condizioni politiche e legislative di incoraggiamento agli investimenti, la data economy potrebbe raggiungere 793 miliardi di euro nel 2020, il 4% del PIL e dare lavoro a 7,4 milioni di persone.

PRIVACY, AMBIENTE E SALUTE. LE SFIDE DELLA CONDIVISIONE

La sharing economy, nata come reazione ai cambiamenti dell’economia globale, si ritrova oggi nella posizione di modellarla a sua volta, generando opportunità e ponendo nuove sfide. Parallelamente, come evidenziato dal caso Uber, i nuovi business model richiedono anche una chiara definizione di regole e responsabilità, necessarie per inibire la creazione di zone grigie per la tassazione, le tutele dei lavoratori e la trasparenza sulla gestione dei dati e sulla privacy degli utenti.

In un’economia dove il vero valore è costituito dai dati, la trasparenza e la sicurezza dell’utilizzo delle informazioni generate dalle varie forme di condivisione assumono un’importanza cruciale. “La Cyber Security è oggi uni degli aspetti più rilevanti e stimolanti per qualsiasi organizzazione,” commenta Maurizio Gabbrielli, Direttore Scientifico del Master in Digital Technology Management di BBS. “I manager devono confrontarsi sempre più spesso con la necessità di comprendere le possibili vulnerabilità e minacce al fine di definire le opportune contromisure.” Nel caso specifico del bike sharing, la privacy può essere violate anche tramite l’applicazione necessaria per sbloccare le bici, la quale è in grado di fornire informazioni in tempo reale sulla posizione e gli spostamenti degli stessi utenti.

La tecnologia sarà molto probabilmente anche la risposta alle problematiche ambientali sollevate dalla condivisione, con software sviluppati ad hoc per interrompere il servizio solo nel momento in cui l’utente avrà riposto l’oggetto utilizzato nel modo più corretto, senza conseguenze per l’ambiente. Secondo Angelo Manaresi, Direttore Scientifico del Master in Gestione d’Impresa / Green Management and Sustainable Businesses di BBS, immaginare nuove sinergie tra imprese e territorio è un impegno improrogabile. "Gestione green e sostenibilità sono alla base di nuove imprese e parte integrante di tutti i business esistenti. Sono elementi che generano nuove opportunità di innovazione e di mercato,” aggiunge Manaresi.

L’orientamento delle imprese e delle organizzazioni verso una profonda innovazione è possibile quando le competenze di management si integrano alla regolamentazione vigente e alle buone pratiche fornite dai casi di eccellenza. Per chi desidera far parte del cambiamento e acquisire un approccio manageriale alle sfide proposte dalla trasformazione digitale, Bologna Business School offre programmi progettati per fornire una formazione altamente specializzata e portare l’innovazione al centro delle decisioni strategiche di imprese e organizzazioni. Per maggiori informazioni sui programmi, visita il nostro sito bbs.unibo.it.


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