Giovani e lavoro: tra realismo e disincanto

Nell’ambito del programma YOUng FIRST, con cui la multinazionale italiana del lavoro punta allo sviluppo di servizi ed eventi per facilitare l’ingresso di neodiplomati e neolaureati nel mondo del lavoro, Gi Group ha condotto la ricerca “I giovani italiani e la visione disincantata del mondo del lavoro”.
Sono stati intervistati 1.000 ragazzi tra i 15-29 anni, 1.000 adulti tra i 40-64 anni (con almeno un figlio tra i 15-29 anni) e 30 aziende per capire le aspettative dei giovani in materia di lavoro, confrontando il loro punto di vista con quello degli adulti e delle aziende.
L’interessante ricerca ha fatto emergere le divergenze (molte) e le convergenze (poche) che sullo specifico tema del lavoro esistono tra differenti generazioni e tra soggetti che giocano un ruolo diverso.

Innanzitutto, si evidenzia il forte peso che, nella ricerca di lavoro e nella successiva possibilità di fare carriera, i giovani attribuiscono a fattori non meritocratici quali la fortuna e la conoscenza di persone potenti, laddove, al contrario, per i genitori e le imprese i fattori più importanti sono riconducibili direttamente al merito (competenze, titolo di studio, sapersi presentare bene, usare strumenti di ricerca, annunci, etc.).
Questa differente visione si ripropone anche con riferimento agli aspetti legati allo svilupparsi del rapporto di lavoro. Infatti, mentre per gli adulti e le aziende i fattori principali sono rappresentati dalla crescita professionale e dalla carriera, il peso attribuito dai giovani a questi elementi è inferiore rispetto a quello conferito alla sicurezza del posto di lavoro, alle buone relazioni con capi e colleghi, al miglioramento dello stipendio.
Per il 42% dei giovani intervistati, il lavoro rappresenta per lo più la possibilità di portare a casa uno stipendio, solo secondariamente un’occasione di realizzazione personale (36%). Si può, tuttavia, notare che questa prevalenza di una visione strumentale del lavoro non vale per donne, laureati, lavoratori autonomi e con contratto flessibile, che mettono al primo posto la realizzazione personale (43%).
La ricerca evidenzia, inoltre, una molto alta disponibilità dei giovani a trasferirsi (in particolare in altre regioni italiane), la preferenza per il settore pubblico, la scarsa propensione a lavorare nelle PMI e la considerazione del lavoro manuale come un male necessario (anche se maggiormente accettato rispetto ai propri genitori).

Giuseppe Circosta

27 Luglio 2012

Foto Artigianato e Palazzo


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