In Italia le aziende faticano a trovare alcune figure professionali

In Italia, da un po’ di tempo, il lavoro rappresenta uno dei tanti problemi sul banco degli imputati. Con un tasso di disoccupazione che a dicembre del 2016 ha toccato, secondo l’Istat, l’11,9%, la parola “occupazione” sembra ormai più adatta se usata con un’altra accezione, e cioè a descrivere quella serie di attività che ci tengono impegnati, distraendoci appunto da un altro lavoro a tempo pieno: la ricerca ossessiva di un’occupazione.

Eppure questo farraginoso processo non sembra essere lo specchio fedele della realtà. L’11,9% non racconta tutta la verità sulla situazione occupazionale del paese, o quantomeno ne omette una parte. In certi settori lavorativi, infatti, esiste una domanda di lavoro cui non corrisponde un’offerta adeguata.
Insomma alcuni lavori ci sarebbero, ma mancano i professionisti in gradi di svolgerli. Lo confermano i dati del Sistema Excelsior, il portale gestito da Unioncamere e Ministero del Lavoro, secondo cui nel 2015 sono stati 76mila i profili professionali ricercati dalle imprese ritenuti “non facili da trovare”. Questo numero è assimilabile al 10,6% delle assunzioni totali.

Spesso ci si riferisce a certe tipologie di lavori come quelli “che gli italiani non vogliono più fare” con riferimento a professioni come il bracciante, il pizzaiolo o il muratore. I dati del Sistema Excelsior raccontano tuttavia un’altra realtà: i settori più scoperti sono infatti quelli della Net economy e dell’Industria 4.0, dove le aziende cercano candidati di profilo più elevato con caratteristiche dirigenziali, specialistiche e tecniche.
Nel dettaglio, secondo Unioncamere, risultano di più “difficile reperimento” Analisti e Progettisti di software (43%), Ingegneri Energetici e Meccanici (42%), Specialisti di Scienze Economiche (40%), Ingegneri Industriali e Gestionali (37%), Elettronici e in Telecomunicazioni (36%). Come è possibile notare, le professioni in cui la differenza tra domanda nazionale e offerta è maggiore sono tutte di stampo ingegneristico, ad eccezione dei Consulenti di gestione aziendale, che provengono da un percorso formativo economico.
Nel periodo 2016-2020, secondo il nuovo Report Analitico di Unioncamere, il fabbisogno di figure ad alta specializzazione sarà inoltre quello a crescita più rapida, seguito a distanza dalle figure a bassa specializzazione e da quelle di livello intermedio, che nel giro di un quinquennio saranno le più penalizzate in termini di crescita.
Dati, questi, che secondo il rapporto sono indice di tre tendenze distinte: in primo luogo la “crescita dei processi innovativi nel sistema economico”; in secondo luogo il “rafforzamento della funzione produttiva in senso stretto e delle professioni operaie specializzate”; infine, un “processo di razionalizzazione delle attività produttive, che dovrebbe portare a una minore crescita del fabbisogno di figure di livello intermedio, sia impiegatizie, sia soprattutto dei servizi”, rileva Unioncamere.
Alla luce di questa situazione e dati alla mano, lo scenario, seppure venato dalle solite screziature grigine, presenta dei notevoli spiragli. Quindi chi sta cercando un accesso pressoché immediato nel mondo del lavoro, è opportuno che provi a specializzarsi nelle professioni ingegneristiche, statistiche o più in generale in quelle legate a materie scientifiche. Inoltre imparare a programmare non è più da considerarsi come un mostro a due teste di mitologica memoria, ma un’operazione fattibile, anche da casa.

Federica Colucci


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