L’America… altrove

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"Chi di noi non ha mai sognato di fare successo negli Stati Uniti d'America? Chi di noi non ha mai sognato di passeggiare sulla promenade di Brooklyn Heights, guardando la skyline sulle note di "New York, New York"? Beh, io lo sogno ancora! Quando sono partito tre anni fa, con la prospettiva di un lavoro a New York, credevo di rivivere la parte del protagonista del film "Wall Street" di Oliver Stone, tralasciando, tuttavia, nel mio immaginario l'amara conclusione della pellicola hollywoodiana: l'impatto con la dura realtà della vita americana!Tutto è iniziato quando nel secondo semestre del Master in Gestione Integrata d'Impresa del CUOA ho avuto l'opportunità di studiare alla University of Michigan, (Dearborn). Sognavo di "trovare l'America", in realtà, sin da subito ho capito che non sarebbe stato così. Superato l'impatto linguistico e culturale, ho iniziato a frequentare le lezioni come un qualunque studente americano. Durante il periodo di studio ho intuito come avrei voluto investire la mia vita professionale e mi sono appassionato alla gestione della Supply Chain.

Passati i 6 mesi di studio ero convinto che sarei tornato in Italia con una bella esperienza formativa alle spalle e, soprattutto, con il desiderio di mettere finalmente in pratica tutto ciò che mi aveva appassionato sui libri. Ma non è stato così, perché nel frattempo mi è stato proposto di iniziare a lavorare nelle vicinanze di New York per una multinazionale svizzera che si occupava di trasporto containers via mare. Il mio "sogno americano" cominciava così a prendere forma!

Durante il colloquio l'impatto con la realtà si è manifestato: mi sono subito accorto che il lavoro era poco inerente con i processi operativi della Supply Chain e la paga base bastava a malapena per mantenere la mia famiglia! A quel punto mi trovavo di fronte ad un bivio: lavorare in America, ma non acquisire competenze in quello che mi interessava direttamente, o mollare tutto e tornare in Italia alla ricerca di un lavoro? L'istinto, sommato ad po' d'orgoglio e d'incoscienza, mi ha detto di rischiare, accettando di lavorare a New York.

Il pacco dono celava, ovviamente, delle sorprese. Solo successivamente, infatti, ho scoperto che quando mi parlavano delle vicinanze di New York in realtà intendevano dire circa 100 km di sola andata per raggiungere il posto di lavoro. Vivevo a Brooklyn in una zona poco raccomandabile e il mio "commute" era in media di 2 ore. Mi alzavo alle 6.00 del mattino e tornavo a casa tardi la sera, imbattendomi ogni giorno nella frenesia del newyorchese medio.

Le domande non tardarono a presentarsi. Ho fatto la scelta giusta? Ne vale la pena?

Con il senno di poi quella scelta, apparentemente sbagliata, è stata un utile banco di prova. Anche se non svolgevo un'attività coerente con le mie iniziali aspettative, ho appreso lezioni più importanti delle semplici competenze tecniche: lavorare in team con persone di culture totalmente diverse dalla mia e imparare a rispettare le diversità, valori che mi sarebbero poi serviti nella mia vita (lavorativa e non). E proprio quando iniziavo ad abituarmi a quella vita, dall'Italia mi è arrivata inaspettatamente una proposta di lavoro irrinunciabile, che ha cambiato le carte in tavola.

Ora lavoro in Riello S.p.A., nella funzione Sales Forecast and Supplying, mi occupo di approvvigionamento e logistica per i prodotti legati al mercato delle energie rinnovabili e al condizionamento.

Oggi mi sento di dire che "l'esperienza americana" non è stata un errore, perché mi ha insegnato che all'inizio di ogni carriera professionale ciò che è importante sono le ESPERIENZE (positive o negative), che ti rafforzano e ti arricchiscono di quei valori che nessun libro e nessuna scuola al mondo potrebbe mai insegnarti."

di Alessandro Rizzotti (Master CUOA in Gestione Integrata d'Impresa 2005/2006)
Laurea in economia del turismo e del commercio, presso l'Università di Bologna.


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