Perchè non ho fatto l’Erasmus

Ha compiuto da poco, lo scorso giugno, un quarto di secolo e, nel corso degli anni, ha attirato un numero sempre maggiore di giovani in tutta Europa: da allora a oggi sono quasi tre milioni i ragazzi europei che hanno effettuato il progetto Erasmus.
Qualche settimana fa, abbiamo fatto partire sulla nostra pagina Facebook un sondaggio, chiedendo a chi ci segue cosa ne pensassero del celebre periodo trascorso fuori casa. Buona parte dei lettori è partita per l’Erasmus e, anche chi non l’ha fatto, è convinto che si tratti di un’esperienza di grande valore.

Alessandro
ha 30 anni, è napoletano di nascita, ma attualmente vive a Torino, dove lavora come analyst presso un’importante multinazionale del settore consulenza. Alessandro non ha fatto l’Erasmus perché temeva di laurearsi in ritardo, ma giudica molto positivamente il progetto: «Non bisogna lasciarsi abbattere da difficoltà, come la lingua o altro, ma lanciarsi verso una grande esperienza di arricchimento personale. L’integrazione e la comprensione di diverse culture non sono più un optional nel curriculum di uno studente e, se si vuole puntare su di esso, aderire a programmi che prevedono tesi di laurea presso centri di ricerca o società estere può essere la chiave vincente».

Per Elisa, venticinquenne della provincia di Bergamo prossima alla laurea specialistica in Comunicazione ed editoria multimediale, l’Erasmus è un importante arricchimento soprattutto sul lato umano. «Personalmente sono pentita di non aver colto quest’opportunità». Elisa ha lavorato nella comunicazione per la maggior parte del suo percorso universitario e, quindi, non ha avuto modo di andare a studiare all’estero: «Probabilmente, se non avessi avuto un lavoro, ci avrei pensato seriamente».

Sulla stessa lunghezza d’onda anche Luciana, 26 anni, di Bari, laureata in Scienze della formazione e, fino a poche settimane fa, impiegata come recruiter: «Attraverso l’Erasmus ci si ritrova lontani da casa, senza amici, senza famiglia, senza sapere di chi ci si possa fidare. Ma con una lingua nuova, in posti nuovi e con culture diverse, che ci permettono di scoprire i valori della solidarietà, dell’amicizia e dell’interculturalità, spesso messi in secondo piano nei ‘normali’ percorsi di studio».

Neppure Luciana ha fatto l’Erasmus, così come Nicola, 26 anni e studente di Economia e direzione delle imprese a Torino. Nicola evidenzia il rischio di poter “perder tempo” a scapito degli esami, ma non mette in discussione il valore di un’esperienza formativa in un paese straniero: «Molti studenti del mio ateneo pensano che sia solo una perdita di tempo. Probabilmente può essere un rischio quello di sostenere uno-due esami in meno durante una sessione di esami, ma in cambio hai la possibilità di entrare in contatto con ragazzi di tutto il mondo e quindi di confrontarti con loro. Non sono partito, ma a 18 anni ho vissuto tre mesi in Inghilterra e lavorato come cameriere».

Chiara Del Priore

30 agosto 2012


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