Scende la disoccupazione giovanile nel mondo, ma non basta

Nel 2011 i giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni senza un lavoro sono nel mondo 74,6 milioni,per un tasso di disoccupazione del 12,6%, in calo rispetto ai 75,1 milioni dell'anno scorso.
La cifra arriva dall'ILO (International Labour Organization), agenzia specializzata dell'ONU sul tema del lavoro, che ha pubblicato nel mese di ottobre il "Global employment trends for youth", documento che fa il punto sull'attuale stato della disoccupazione giovanile a livello mondiale.

Il dato di apertura non deve, però, ingannare: nonostante il lieve miglioramento, per i giovani è sempre più difficile trovare un lavoro e, quando si ottiene finalmente un'occupazione, spesso non basta a mantenere standard di vita accettabili.

L'analisi mette in risalto alcuni aspetti interessanti:la percentuale complessiva di disoccupazione giovanile relativa all'UE e alle economie cosiddette "sviluppate" è inferiore solo a quella dei paesi dell'Europa dell'est,del Medio Oriente e del nord Africa. Le economie più avanzate pagano, infatti "il prezzo più alto della crisi", come ammonisce l'organizzazione internazionale del lavoro.E in queste si segnala, ovviamente, anche l'Italia.

Il nostro Paese, poi, spicca per un particolare primato:in Italia la probabilità per un giovane di essere senza lavoro è quattro volte superiore rispetto a un adulto. Oltre a portare il peso della crisi - che si sente comunque a livello globale - il Belpaese soffre anche di un vero e proprio "divario" generazionale, relativo alla disoccupazione. Lo studio considera comunque una fascia d'età, 15-24 anni, in cui buona parte dei giovani studia e quindi non è di fatto alla ricerca di un lavoro. In ogni caso, anche spostando l'attenzione sui ragazzi fra i 25 e i 29 anni, la situazione non migliora: una delle ultime rilevazioni Istat parlava di una diminuzione del tasso di attività per questa fascia dall'81 al 68%, per il periodo che va dal 2000 al 2009.

Tuttavia, anche coloro che un lavoro lo hanno trovato non è detto che abbiano anche solidità e sicurezza economica: "lavorare non significa avere un lavoro decente", scrive infatti l'ILO. Nei 52 paesi con dati disponibili, infatti, i giovani costituiscono il 23,5% dei lavoratori poveri, rispetto al 18% dei lavoratori non considerati poveri.Con tutte le conseguenze materiali ed emotive del caso, su tutte, la difficoltà oggettiva a uscire dalla casa della famiglia di origine e a costruire un proprio futuro.

Per fronteggiare l'"emergenza giovani", i governi devono agire in fretta. Sono cinque le principali aree di intervento citate nello studio:

  1. puntare sulla formazione professionale,
  2. incentivare lo sviluppo dei servizi pubblici per l'impiego,
  3. promuovere sistemi di certificazione delle competenze,
  4. incrementare strumenti di rilevazione dell'occupazione,
  5. favorire programmi e agevolazioni fiscali per l'inserimento lavorativo dei giovani.

E infine, ma non ultimo, la presenza di un sistema finanziario e creditizio solido.

Chiara Del Priore

25 ottobre 2011

Foto di Gregor_y


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